Voi siete il mio splendido arcobaleno!
Sono Teresa Cecconi, ho 59 anni e vivo a Viterbo. Sono sempre andata in palestra, ho sempre fatto lunghe passeggiate e, due volte a settimana, praticavo il nuoto. Improvvisamente, nell’ottobre del 2011 iniziai a sentirmi molto stanca, ma avendo avuto da poco l’influenza, pensai fosse riconducibile a quello. Decisi così di sospendere le mie passeggiate e il nuoto, il fiato era diverso e non nascondo che nell’acqua cominciai a non sentirmi più sicura. Nel mese di novembre sentii le gambe come “di legno” e pensai che fosse un problema di pressione arteriosa alta (problema che a volte mi costringeva ad andare al pronto soccorso), ma continuai comunque ad andare al lavoro. Una mattina scesi in garage a prendere la macchina, ma non avendo preso le chiavi, ed essendo molto tardi, salii di corsa i 19 gradini che mi portano a casa e mi sentii svenire; una forte nausea mi aggredì lo stomaco non permettendomi di respirare. Una volta ripresa partii per il lavoro, ma sentivo che c’era qualcosa che non andava, la mente non rispondeva, come se non mi permettesse di pensare. Anche lei era stanca. A dicembre 2011, accompagnata da mio figlio, andai a farmi visitare dal mio cardiologo, visto che l’affanno non mi permetteva ormai di fare né le scale, né le più piccole cose della vita quotidiana. Dopo un’accurata visita il cardiologo mi diagnosticò una malattia rara, l’ipertensione arteriosa polmonare. Rimasi esterrefatta. Il cardiologo mi consigliò di andare a Bologna e scrisse una lettera al Prof. Galiè, dicendomi che era un esperto mondiale della malattia. Il 23 gennaio 2012 fui ricoverata al S. Orsola-Malpighi e dopo aver effettuato tutti gli esami la diagnosi fu quella che temevo: “ipertensione arteriosa polmonare idiopatica”. Malattia rara, subdola, che colpisce il cuore e i polmoni. I medici mi dissero che avrei potuto prendere le medicine per stabilizzare la malattia e migliorare la qualità della vita. Purtroppo, in seguito a un’altra analisi effettuata, mi fu diagnosticato con forte sospetto un mieloma multiplo, da accertare tramite una biopsia midollare e ossea. Fu un vero terremoto per me! Il 14 febbraio, dopo aver eseguito la biopsia, scoprimmo che non era un mieloma, ma il Morbo di Wallstrom, una malattia che per fortuna si può tenere sotto controllo. Pensai che tutto questo non mi apparteneva, ebbi l’impressione di stare al cinema e vedere un film; ma poi, purtroppo, realizzai che ero proprio io la protagonista del film… ed ero solo all’inizio.
Nel luglio del 2012 cominciai di nuovo a non sentirmi bene, stanchezza, poco riposo e affanno mi portarono, ad agosto, ad andare a Bologna per un nuovo controllo; qui dissi alla dottoressa che sentivo un progressivo peggioramento e lei mi disse che avrebbe integrato la terapia, dopo l’estate, con un altro farmaco, in aggiunta a quelli che già prendevo. Ogni giorno stavo peggio, dormivo pochissimo, il respiro si faceva corto, ed ero così stanca che facevo fatica anche ad alzare la cornetta del telefono. L’ultimo sforzo lo feci il 12 settembre per andare a Bologna dove il 13 ebbi la visita; arrivai stremata, in carrozzina, non riuscivo a fare un passo e il medico mi fece un cateterismo.
Poi fu la fine, il cuore impazzì, era scompensato, io non c’ero più, mentre mi portavano via vidi nel corridoio Simone (mio figlio) e Moreno (mio marito): l’ultimo pensiero fu per loro, “non li vedrò più”. Poi il silenzio, non ricordo altro. Più tardi, forse dopo due-tre giorni, mi ritrovai in terapia intensiva. Vidi Simone, Moreno e mia sorella che si fermò per assistermi. Pensai: “Forse ce l’ho fatta”! Il mio cuore piano piano ricominciò a battere. Iniziò la risalita.
Dopo circa un mese venni trasferita in reparto, le mie condizioni erano migliori, il Prof. Galiè mi parlò del Flolan (farmaco che mi ha salvato la vita, va in infusione 24 h su 24 per via endovenosa). L’effetto di questo farmaco, a detta dei medici, ha avuto su di me risultati mai visti.
La strada che ho percorso con la mia famiglia è stata così tortuosa e difficile che ancora oggi mi stupisco e mi chiedo: ma come abbiamo fatto? Ci ha aiutato la fede, la volontà di credere che oltre c’è la speranza, la sicurezza di stare nel posto giusto e la certezza che non siamo stati e non siamo soli a superare le difficoltà, i pensieri cattivi e a lottare. Ci siete tutti voi, i medici, le infermiere/i che ci danno tanto amore e si sacrificano tanto. Grazie sempre al Prof. Galiè, al Dott. Palazzini e alla Dott.ssa Manes. Quel giorno hanno scalato una montagna salvandomi dal baratro, in quel momento terribile hanno sostenuto mio marito e mio figlio, non li hanno lasciati soli nemmeno un attimo, questo è indimenticabile. Grazie a Pisana e Marzia che mi hanno spronato a raccontare la mia esperienza, i miei pensieri e quella che chiamo la mia nuova vita, non l’avevo pensata così, ma è sicuramente ricca e viva soprattutto grazie a tutti voi, siete il mio splendido arcobaleno!