Un consiglio, non trattenerti mai
Mi chiamo Giulia Negrini e ho 33 anni. Mi è stata diagnosticata l’ipertensione polmonare idiopatica nell’aprile del 2004, proprio sotto le feste di Pasqua che passai in ospedale.
Fortunatamente sono entrata quasi subito a conoscenza del centro di Bologna e sono andata a fare la prima visita. Ho iniziato la terapia con Tracleer che era ancora sotto sperimentazione. Per alcuni anni me la sono cavata piuttosto bene perché la malattia si era parzialmente stabilizzata: non c’erano grandi cambiamenti.
Poi nel febbraio del 2007 ho avuto una forte emorragia che non voleva assolutamente fermarsi. Alla fine il Prof. Galiè con tutto il suo staff ha trovato la soluzione e ce l’ho fatta. L’emorragia mi aveva particolarmente debilitato e per questo ho iniziato la terapia col Flolan (il mio terrore!) tramite infusione continua con la macchinetta. Non c’era altra possibilità che affrontare la mia paura. Con tanta diligenza e attenzione ho portato la macchinetta per quattro anni senza grandi difficoltà. Il segreto è decidere un’ora precisa in cui preparare il farmaco (io me lo preparavo da sola) e, usando i ghiaccioli, dovevo farlo tutti i giorni. Decisi che avrei fatto tutto la mattina. Mi sono permessa anche il lusso di farmi qualche viaggetto (finché le forze me lo hanno consentito), stando attenta però a vari fattori: con gli amici abbiamo scelto sempre luoghi puliti tipo case o bungalow e prima di partire ho sempre “nominato” l’amico più adatto del gruppo che avrei istruito su come preparare la medicina (bisogna pensare ad eventuali malori), mi sono sempre fatta una valigia a parte per le medicine da non mettere sotto il sole o a cui non far prendere urti, mi sono portata sempre delle dosi in più di medicinali (bisogna prevenire qualche eventuale ritardo), mi sono creata delle tovagliette apposta dove “apparecchiare” i medicinali. Queste tovagliette, che mia madre lavava ad alte temperature e stirava a parte, le mettevo all’interno di una borsetta di modo da avere sempre un piano sicuramente pulito, rispetto a qualsiasi tavolo o mobile e, prima di ogni operazione, disinfettavo tutto con amuchina. Quando dicevo ai miei amici “vado a farmi la medicina”, sapevano che non dovevano disturbarmi. Mi chiudevo dietro la porta e l’amico “prescelto” mi stava accanto se avessi avuto bisogno. Ogni volta che mi facevo la doccia i miei amici sapevano che dovevo subito asciugarmi e disinfettarmi sotto il cerotto, quindi mi lasciavano sempre la stanza libera. Queste stesse identiche cose le facevo tutte le mattine anche a casa e se suonavano alla porta o al telefono non rispondevo finché non avevo finito: le cure per me stessa avevano la priorità!
Il 28 febbraio 2011 ho fatto il trapianto bipolmonare ed è andato tutto meravigliosamente bene. È stata molto dura, ma appena le forze me lo hanno consentito, ho iniziato a fare gli esercizi consigliati dai medici: esercizi di respirazione fino a riprendere a camminare. Nel primo anno sono stata molto attenta a non frequentare luoghi affollati, abitudine che conservo anche ora: da dicembre a fine febbraio evito il più possibile tutti i luoghi affollati, perché è il periodo maggiormente critico per prendersi influenze e raffreddori.
Ci sono piccole accortezze come portarmi dietro l’amuchina per disinfettarmi le mani quando mi capita di mangiare qualche panino fuori. Evito la maionese, la crema, in bar che non conosco, e osservo sempre il livello di pulizia. Mi lavo le mani appena arrivo a casa. Evito sbaciucchiamenti soprattutto nei periodi critici. Evito di prendermi la pioggia: nei periodi in cui il tempo cambia in continuazione mi porto in borsa l’ombrello e di inverno sto molto coperta e attenta a non prendere freddo. Bastano queste piccole accortezze per star bene!
Ci sono dei consigli che mi sento di dare: evitate di fumare e ascoltate il vostro corpo senza ossessionarvi (fa male anche questo) e se c’è qualcosa che vi risulta strano avvisate il prima possibile i medici. Cercate di fare il più possibile per evitare di deprimervi troppo.
C’è una poesia di Madre Teresa di Calcutta che esprime il modo in cui ho deciso di affrontare la malattia (mettendo al posto di “vecchiaia” la parola “malattia”):
Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe, i capelli diventano bianchi, i giorni si trasformano in anni…
Però ciò che è importante non cambiare; la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è la colla di qualsiasi tela di ragno.
Dietro ogni linea d’arrivo c’è una linea di partenza.
Dietro ogni successo c’è un’altra delusione.
Fino a quando sei viva, sentiti viva. Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo.
Non vivere di foto ingiallite… insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni.
Non lasciare che si arrugginisca il ferro che c’è in te.
Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto.
Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Però non trattenerti mai!
Questo mi ha insegnato la malattia: vivere il momento con pienezza e al meglio delle mie possibilità. Questo è l’insegnamento che porterò con me per tutta la vita! Ci vuole tanta forza e desiderio di vivere nonostante tutto. Come ci sono riuscita io, chiunque può riuscirci. Una cosa ho imparato, molto importante, che per scherzare ho definito “le guide del bravo paziente”:
1. Mangia anche se non ti va.
2. Se puoi fai sempre una passeggiatina.
3. Ascolta e segui quello che ti dicono i medici con totale fiducia.
4. Trova sempre qualcosa per cui ridere anche le cose più assurde.
Ora ho una vita normale, me la sono conquistata e lo devo unicamente ai medici che mi hanno seguito e a me stessa che ho messo questo spirito nell’affrontare i momenti difficili e le volte che ho pianto… ma ho sempre deciso di rialzarmi e ricominciare!
di Giulia Negrini