Il caso “che non può esistere”…
Cara Marzia, AIPI è veramente un’associazione fortunata ad avere persone come Lei, che è una vera e propria forza della natura! Brava.
Ho letto alcune storie raccontate da pazienti sfortunati come me e mi sono riconosciuta in questi racconti al 100% per ben due volte. Per me, tutto è iniziato “seriamente” una mattina di fine ottobre, nel 2004, mentre mi preparavo per andare al lavoro. Improvvisamente un capogiro e sono svenuta. Recatami al pronto soccorso, si parlò di un problema cardiologico non definibile che richiedeva approfondimenti. Nel cercare di capire che cosa era successo, sono passata per molti medici che mi dicevano, è stress… stia tranquilla… rallenti i ritmi.
Poi, 10 anni fa, un cardiologo della mia USL mi disse: “Lei mi fa perdere tempo, devo curare pazienti realmente malati”. In realtà, la “pazza” scrivente, aveva consultato ben diciotto cardiologi, tra i più titolati della mia regione, il Veneto, e nessuno era riuscito a dare un nome alla mia malattia. Prima di allora, mi affaticavo facilmente e non potevo fare tutti i giochi che facevano i miei coetanei, così tutti dicevano che ero pigra. Ricordo le difficoltà durante le ore di ginnastica, a scuola, quando la mia insegnante di educazione fisica mi obbligava a fare gli esercizi anche quando arrivavo così stanca da non farcela più.
Nel 2005, finalmente, una svolta grazie a una conoscenza in comune con un mio caro amico che mi ha presentato un cardiologo.
Dopo aver visto la documentazione, questo cardiologo ha capito di cosa soffrivo e mi ha indicato di andare subito al San Donato dal Dott. Cappato che sicuramente sarebbe stata la persona più titolata a risolvere i miei problemi. Ci sono andata l’8 settembre 2005 e ho incontrato un professionista che finalmente ha capito che non ero pazza, che non m’inventavo malattie inesistenti, ma semplicemente gli altri non erano in grado di leggere un ECG. In realtà mi fu diagnosticato Flutter, Fibrillazione Atriale, Tachicardia inappropriata e Cardiomiopatia ipertrofica.
Dopo un primo sollievo per essermi resa conto che non soffrivo di allucinazioni e non esageravo quando dicevo ai medici che non riuscivo più a fare una rampa di scale senza dovermi sedere, il quadro generale si presentava tutt’altro che facile da gestire.
Mi sono buttata in questa sfida, fidandomi ciecamente dello staff del Dott. Cappato e abbiamo iniziato un cammino in salita molto difficile: intervento dopo intervento abbiamo controllato prima la Fibrillazione atriale e i Flutter; poi non essendo riusciti a sistemare chirurgicamente la tachicardia inappropriata, dopo un periodo di studio sperimentale, all’epoca pionieristico in Italia, abbiamo trovato benefici con un farmaco solitamente usato per altre cardiomiopatie.
Alla fine nel 2011 abbiamo protetto il cuore da possibili cardiomiopatie fatali legate alla cardiomiopatia ipertrofica impiantando un ICD. Oltre alla gestione cardiologica, tenevo da un po’ di tempo sotto controllo una Tiroidite di Hascimoto che nel maggio 2012, dopo un normale accertamento annuale, rivelò un nodulo positivo. Era il più piccolo, quello che, in quanto tale, non avevamo mai monitorato, poiché ci eravamo soffermati sempre su quelli più grandi. Chiesi al Dott. Cappato di consigliarmi e mi disse che potevo essere seguita chirurgicamente al San Donato, così organizzò l’intervento di tiroidectomia totale.
Poi arrivò la complicanza polmonare. Un altro fulmine a ciel sereno. Inizialmente il fatto che fossi affaticata era dato come una conseguenza dei problemi cardiaci. Poi la tiroide che non funzionava.
Una volta sistemato tutto il resto, continuavo ad avere crisi di “fame d’aria” sempre più frequenti. Anche in questa occasione andai per visite da molti esperti che non trovavano nulla.
Quindi un caro amico radiologo nel maggio del 2013 mi fece una TAC, intuendo, con la sua bravura, una forma d’ipertensione seria. Purtroppo il dato non era confermato dall’ecocardiogramma, anche se c’è da dire che trattandosi di un cuore grande, non è facile riconoscere il confine molto sottile tra cardiomiopatia ipertrofica e ipertensione polmonare.
Soltanto ad aprile di quest’anno (2014) con il cateterismo cardiaco si è avuta la conferma della diagnosi di ipertensione arteriosa polmonare idiopatica di grado severo. Con lo staff cardiologico abbiamo cercato di capire quale fosse il centro più adatto a gestire la malattia e abbiamo preso contatto con molti centri, tra cui il vostro di Bologna, ma tutti volevano assolutamente ripetere gli esami e gestire loro il tutto.
Sinceramente non me la sono sentita di interrompere il percorso cardiologico iniziato al San Donato e ancor meno ripetere una serie di esami i cui risultati sono nella maggior parte dei casi dati oggettivi forniti da una macchina. Sono anche stata definita il “caso che non può esistere”. Ora sono in cura con il Volibris, nella speranza di riuscire a trarne qualche beneficio e trovare un po’ di pace.
Come vede, cara Marzia, la mia storia non è molto diversa da quelle che avete raccolto voi, la differenza è che sono molto stanca di girare per ospedali e ripetere tutti gli esami solo perché va bene così o sono un caso raro.
Al San Donato ho personalmente potuto sperimentare in più occasioni ciò che raramente si incontra nelle corsie di ospedale: l’elemento umano, fondamentale, quando si affronta un lungo percorso come il mio e si abita a 200 km di distanza.
Spero inoltre di riuscire a non farmi annientare dall’ipertensione polmonare e di riuscire a trovare le stesse motivazioni e gli stessi stimoli che mi hanno permesso di ottenere buoni risultati cardiologici.
Grazie ancora per tutto e mi scusi per la lunga mail.
Un forte abbraccio.
una paziente