In ascolto… del rumore della vita che scorre
Luglio 2012. Rimarrei ore a guardare il mare sotto la pioggia, le onde che si infrangono sugli scogli. Gli schizzi dell’acqua salata mi arrivano sul viso, ho i capelli bagnati, devo asciugarli, ma per una volta voglio pensare che se li lascio bagnati non mi accadrà nulla!
Già.. perchè la mia vita sembra invece appesa a un filo!
Era il 1967… correvamo su per le scale, bambini gioiosi a scuola ma io, arrivata in cima alle scale, svenni. Mi ritrovai seduta su una sedia, con la mia maestra davanti, i miei genitori preoccupati che mi fissavano, poi il ricovero in ospedale, un mese che sembrava non passare mai, io volevo giocare, correre, ma le infermiere mi sgridavano, uffa!
Nessun dottore sembrò preoccupato più di tanto dell’accaduto. Dissero che molto probabilmente, essendo una bambina timida e ansiosa, lo svenimento era legato al mio stato emotivo!
Beh! Quella è stata la mia prima diagnosi di stato depressivo, emotivo nonché epilettico! Già, perché ne seguirono molte altre di diagnosi, tutte uguali, tutte sbagliate…
1976 la mia comitiva! A diciassette anni gli amici sono tutto il mio mondo. La domenica mattina, dopo la messa, di corsa ai giardini del mercatino, loro sono tutti lì ad aspettarmi, e poi c’è lui! Giancarlo, è così carino… ma è proprio il suo viso che mi fissa così da vicino? E perché sono sdraiata a terra? Ho le idee confuse… stavo correndo e poi improvvisamente quel senso di soffocamento e il buio. Cos’è accaduto?
Di nuovo ospedali, esami, dottori! Ah già, ora sono diventata una ragazza, ma per i dottori resto timida, ansiosa e depressa!
5 gennaio 1983 Erika sta nascendo, sono giovane, ma sento come se il mio fisico fosse stanco di 100 anni, tra una contrazione e l’altra svengo, finalmente nasce, eccola qua, un fagottino di ciccia e capelli, ma io ho sonno… tanto sonno, lasciatemi riposare vi prego!
Non sono felice, mi sento sempre stanca, Erika è una bimba dolcissima, buona, ma io non riesco a starle dietro, devo anche lavorare! E per lei c’è pronta la nonna, mi sento in colpa, ma non ce la faccio.
1986 il mio matrimonio si conclude qui!
Figlia, marito, lavoro, sono stanca… tanto stanca! Mia suocera si lamenta che non sono presente con la bimba, mio marito si lamenta perché non riesco a fare niente! Tutti si lamentano, e io che faccio? Mi limito a svenire, vado a farmi visitare… ora sono quasi una donna, ma resto ansiosa, emotiva e depressa, la diagnosi è sempre la stessa.
5 gennaio 1988 oggi Erika compie 5 anni, è un giorno importante, e corro, corro, devo preparare una festa stupenda per la mia bambina! Ma dove sono? Dov’è Erika? E gli altri bambini?
Io intanto sono di nuovo in ospedale, esami, prelievi, eco-cardiogramma, lastre, e non manca certo un elettroencefalogramma. La mia depressione è ormai conclamata, mi hanno dato antiepilettici, antidepressivi e sonniferi!
Ma io non mi sento depressa. C’è Marco, lui è così dolce con me e la mia bambina, mi dice di non prendere tutta questa robaccia! “Facciamo una visita specialistica” propone, ma dove? A Bologna pare ci sia un certo Prof. Bracchetti, all’ospedale Maggiore, ha salvato anche un famoso calciatore della Roma! Destinazione Bologna… il Prof è una persona stupenda, mi ricovera per una settimana, mi fa tanti esami, vengo dimessa con la diagnosi di prolasso del lembo anteriore della mitrale, soffio sistolico, ipotensione da sforzo, minima insufficienza polmonare fisiologica… e un punto interrogativo.
Già perché il Prof è convinto che ci sia qualche altra cosa che provoca gli svenimenti, e di sicuro non è la depressione! Quindi, mi dice, niente sforzi eccessivi, purtroppo abito in un palazzo senza ascensore, le scale dovrò farle piano, per evitare di svenire. E nessun’altra gravidanza, suggerisce il Prof, almeno fino a quando non scopriamo il vero motivo degli svenimenti.
Finalmente qualcuno che mi dice che non sono depressa. Ma allora cos’è che ho?
Continuo la mia vita, faccio un controllo ogni sei mesi dal Prof a Bologna. Insomma sembra che vada un pochino meglio, e poi non prendo nessun farmaco!
31 ottobre 1992 mi sposo con Marco, mi sembra di toccare il cielo con un dito, sono felice come non mai, Erika è una signorina ormai, e adora il suo Mao, quell’uomo così dolce, ma anche così deciso, tutto sembra essere perfetto, ma quel senso di stanchezza non mi ha mai abbandonato.
15 agosto 1993 scopro di essere incinta nello stesso momento in cui sto per perdere il bambino, di corsa in ospedale, le flebo, riposo assoluto, ripenso alle parole del Prof “niente gravidanze finchè non scopriamo la causa degli svenimenti”. Ma ora questo bambino c’è, e non intende mollarmi! Attaccato a un unico rene, se ne stava buono buono, in attesa di conoscere quella mamma sempre stanca!
Natale 1993, la gravidanza va avanti, anche se le analisi confermano una carenza molto grave di ferro, sento sempre un grande affanno, di nuovo controlli ecocardiografici, all’infuori del prolasso della mitrale, sembra non esserci nulla.
Gennaio 1994, sono debolissima, il dottore di famiglia continua a farmi flebo di ferro, ma io ormai non ce la faccio neppure a scendere o salire due gradini, il tempo sembra essersi fermato, devo resistere ancora 3 mesi. E come farò a sopportare tutta questa debolezza, per così tanto tempo ancora?
25 febbraio 1994, ormai sono allo stremo, il ginecologo mi prega di ricoverarmi, tanto mi sento debole… ma non posso. Basta con gli ospedali! Ho tanta paura, e poi quella tosse secca sembra non abbandonarmi più, Francesco nella mia pancia alterna momenti di sonno con altri di giravolte continue, sembra insofferente anche lui!
27 febbraio 1994, è notte fonda, maledetta tosse! Sulla poltrona in salotto, al buio, guardo fuori dalla finestra, Rocca di Papa è a 700 metri sul livello del mare, da quassù vedo un mare di luci, Roma è immensa, è uno spettacolo meraviglioso, penso che tra qualche mese, anche il mio bambino godrà di questo panorama! E tossisco ancora e ancora, sembro non smettere più, all’improvviso qualcosa mi chiude la gola, cerco di tirare su quella cosa, la sputo nella mano, è morbida sembra grande come una noce, è buio e non riesco a vedere cos’è! Vado in bagno a fatica, ormai non cammino quasi più, accendo la luce e vado allo specchio, voglio guardarmi in bocca e nella mano… rimango paralizzata… è sangue. Una palla di sangue… ho il viso completamente imbrattato di sangue!
28 febbraio 1994, c’è la serata finale di Sanremo in tv, Giorgia canta “E poi… e poi…”. Marco adora questa canzone, speriamo che vinca! Io sono a letto, ormai allo stremo delle forze, e nonostante ciò l’idea dell’ospedale mi terrorizza… penso alle parole del Prof “niente gravidanze”e se io ora vado in ospedale, loro mi faranno perdere il bambino, è un pensiero che mi terrorizza!
Ma cos’è questo mal di pancia a intermittenza? Ho le contrazioni, Francesco vuole nascere, ma mancano ancora due mesi, mio Dio! Marco non sente più ragioni, di peso mi prende in braccio, giù per le scale, sono in pigiama, via di corsa in ospedale, al Policlinico Gemelli c’è un dottore molto giovane di guardia, mi fanno prelievi, e un esame molto strano e dolorosissimo al polso, sembra che mi scavino con un ago tra le vene!
Alle 4 di mattina arrivano le risposte, è incredibile, a parte il ferro e l’anemia e il parto aperto a 3 cm, non ho nient’altro! Il medico mi guarda e mi dice “Signora cara, io dovrei darle della vasosuprina e mandarla a casa, ma lei ha questo affanno e queste labbra così scure, lo scambio polmonare è a posto, ma io la ricovero ugualmente!”
1 marzo 1994, ecocardiogramma, lastra schermata, di corsa in sala operatoria, a me dicono soltanto che devono farmi il cesareo, perché il bambino vuole nascere, e io sono troppo debole per un parto normale.
La verità, che invece diranno a mio marito e ai miei genitori, è che per me non c’è più nulla da fare, embolia polmonare, severa dilatazione dell’arteria polmonare, insufficienza gravissima della tricuspide, insufficienza polmonare gravissima, insufficienza grave della mitrale, versamento pericardico gravissimo, e quindi l’anestesia per me sarà la fine certa, mentre il bambino può ancora farcela, è di 32 settimane! Bisogna firmare l’autorizzazione al cesareo… mio marito, ormai come in un incubo, firma. Mia madre urla e poi sviene… ho soltanto 33 anni!
3 marzo 1994, vedo un viso dietro una mascherina e un camice verde, è mia madre, mi guarda con le lacrime agli occhi, poco più in là c’è una vetrata, dietro mi sembra di vedere mio padre, ha una mano poggiata sul vetro, è molto serio, vedo mia sorella, mio cognato, i miei suoceri, ma perché sono tutti lì? E sembrano tutti così seri!
28 marzo 1994, vengo dimessa insieme al mio bambino bellissimo. Lui sta bene, io non so… le parole del dottore mi lasciano senza respiro “diagnosi di ipertensione polmonare idiopatica”, non ci sono cure, è una malattia rara.
Torno dal Prof a Bologna, senza parole anche lui. Mi mette in cura con Adalat, Lanoxin, Sintrom, Lasix e tiro avanti fino al 2004. La situazione sta precipitando di nuovo, ma ad un tratto mi si dice che al S. Orsola-Malpighi c’è il Prof. Galiè, che può seguirmi meglio, è uno dei massimi esperti di questa mia strana patologia. Il mio Prof chiama Galiè e gli parla, lui mi riceve immediatamente. Ascolta la mia storia, dopo una settimana mi ricovera, mi fanno tantissimi esami, cateterismo cardiaco, tac, angiografia, la diagnosi di ipertensione polmonare viene confermata. La mia nuova cura? Dilzene, in dosi massicce, Sintrom, Lanoxin, Lasix.
Il Prof. Galiè non sembra un dottore, ma un padre che parla a suoi figli, dispensando speranza e tenacia. “Non mollare Rita, non mollare”. Ora la depressione ce l’ho davvero… saranno tutti contenti i dottori che, a suo tempo, me l’avevano diagnosticata!
Luglio 2012, sono arrivata ad oggi, con grandi scapaccioni da parte del Prof. Galiè e di tutto il suo staff. Ho alternato periodi di benessere con periodi maledetti, le medicine sono aumentate, prendo Revatio tre volte al giorno, Volibris, Lanoxin, Lasix due volte al giorno, Sintrom, Kanrenol, Ranidil, e lo Zoloft… in effetti sono ancora depressa.
Certi giorni mi alzo e mi sento stanchissima, il cuore batte all’impazzata, ogni tanto svengo di nuovo, la mia arteria polmonare attualmente misura mm 6,2 e continua a dilatarsi, non so cosa mi aspetti domani, ormai ho smesso da tempo di chiedermelo, vivo alla giornata, ascoltando il rumore della vita che scorre lontano… e mi godo attimi come questi! Un cielo grigio che piange, l’acqua del mare che mi scivola sul viso, chissà forse in mezzo a quelle gocce, c’è qualche lacrima che scende silenziosa.
Dedico la mia storia, a tutti i malati di IP, ringrazio l’AIPI che molto spesso ci fa godere di momenti preziosi, ringrazio il Prof. Bracchetti, che non ha mai mollato il mio caso, il Prof. Galiè, che con tutti i suoi rimproveri, sta allungando notevolmente la mia vita, Alessandra Manes, Massimiliano Palazzini, Fiammetta, Giuseppe, Angela e tutti coloro che hanno condiviso con me tutto questo.
Rita