La malattia affrontata con grande coraggio
Qualche giorno fa ho ricevuto la rivista AIPInews e mi sono detta che era giusto che vi facessi sapere che non era più necessario che la inviaste ancora, perché mio marito Alfredo Sculli non l’avrebbe potuta più leggere.
Volevo anche dire che aver conosciuto l’Associazione per mio marito è stato di grande aiuto. Ha letto tutti gli opuscoli e si è fatto una cultura sulla malattia.
AIPI è stata un punto di riferimento, perché telefonava e chiedeva consiglio e sapeva che tante altre persone lottavano come lui, mentre tanti bravi medici cercavano di rendere la vita più tollerabile ai pazienti.
La malattia di mio marito fu diagnosticata nel 2013 quando, recatosi dal cardiologo perché si affannava troppo, l’ecocardio evidenziò la pressione polmonare molto alta.
Il cardiologo ci indirizzò da uno pneumologo, il quale subito prese appuntamento per fargli fare il cateterismo cardiaco all’Ospedale Sant’Anna di Catanzaro. Qui, oltre all’esame prescritto, gli furono applicati tre stent.
Da allora iniziò il calvario, ma mio marito fu molto coraggioso nell’affrontare la malattia, facendo scrupolosamente quello che gli veniva prescritto: la camminata, le assunzioni dei farmaci alla giusta ora, la misurazione della pressione e del diabete; segnava tutto in maniera che i medici potessero avere la situazione chiara tra una visita e l’altra.
Nel dicembre 2013, la prima sconfitta: una brutta broncopolmonite lo portò in terapia intensiva. Ma i medici dell’Ospedale Civile di Locri, in provincia di Reggio Calabria, guidati dal primario Dott. Adamo, riuscirono qui a strapparlo alla morte.
Tornato a casa dopo dodici giorni di terapia intensiva e otto di ricovero in cardiologia, era come un miracolato, con l’obbligo però di aggiungere alla terapia anche l’ossigeno.
Lottò dal 2013 al maggio 2017. La malattia, che prima sembrava rispondere alle cure, iniziò a galoppare; si aggiunsero problemi alla tiroide, l’aggravamento dell’insufficienza renale e il cuore non ce la fece (aveva anche gravi problemi al cuore).
Voglio tanto ringraziare l’Associazione che ha sostenuto mio marito, perché, quando si sentiva scoraggiato e chiamava al telefono, trovava sempre qualcuno che gli dava retta e l’incoraggiava con buoni consigli.
Ha voluto far parte di AIPI come socio benemerito, perché era convinto della serietà dell’Associazione.
Nel decorso della malattia, che aveva accettato con rassegnazione, ha sempre detto che “aiutava il Signore a portare la Croce” ed era contento di aver trovato nei medici persone umane che lo sostenevano e lo incoraggiavano.
Io spero con tutto il cuore che la ricerca riesca a trovare i farmaci giusti, perché l’ipertensione polmonare possa essere curata e magari guarita.
Vi ringrazio di tutto e vi auguro buon lavoro.
di Maria Cristiano