La mia rinascita col Prof. Galiè e col Remodulin
Abito a Messina e ho 38 anni. Ho scoperto la mia ipertensione polmonare nel 2010; era di grado severo.
Quando il medico me lo comunicò, confesso che fu un brutto colpo. Non ci potevo credere! Che fare? Ero smarrita! Poi dovetti accettare la verità.
Da subito fui curata con Volibris e Adcirca e all’inizio trovai un certo miglioramento. Continuai a sottopormi regolarmente agli esami, ma nel 2013, mentre eseguivo il test del cammino (6MWT, ndr), svenni. Nel giro di qualche giorno mi fecero il cateterismo cardiaco, entrando dall’inguine. La pressione polmonare era molto elevata. Il cardiologo subito mi prescrisse il Remodulin che io, testarda, non accettai.
Immediatamente però, comprendendo la gravità della situazione, mi misi a dieta, così da non sforzare il cuore col mio peso. Speravo che questo sarebbe stato sufficiente, ma così non fu. E gli anni passarono.
Il 13 gennaio 2017 venne a mancare una mia carissima amica, affetta pure lei da ipertensione polmonare. Eravamo entrambe in cura presso lo stesso ospedale e ci facevamo sempre coraggio a vicenda; ad ogni controllo cercavamo di sdrammatizzare la gravità di questa malattia. Per me lei era il mio pilastro, era molto forte di carattere e mi dava una carica immensa.
A seguito della sua esperienza, decisi di venire a Bologna al Centro per l’Ipertensione Polmonare diretto dal Prof. Galiè per sentire un altro parere.
L’occasione per salire fu la partecipazione all’assemblea annuale di AIPI. Qui conobbi moltissime persone affette dalla stessa malattia, con le quali si è istaurato da subito un legame importante. Molte arrivavano come me dalla Sicilia e questo mi fece sentire un po’ a casa. E facevo già anche parte del gruppo “Più unici che rari”: è una grande e meravigliosa famiglia, pronta ad accoglierti, ad ascoltarti, a scambiare con te opinioni e idee, a consigliarti.
Il lunedì successivo all’assemblea fui ricoverata nel reparto del Prof. Galiè. Una serie infinita di esami si concluse dopo tre giorni con la diagnosi confermata di ipertensione polmonare di grado severo. E, come se questo non fosse sufficiente, si scoprì che la mia IP è di tipo familiare, aspetto che prima non era stato indagato. I medici ora stanno controllando in tutti i miei familiari più stretti la presenza o meno del gene. Approfondire questo aspetto genetico è di fondamentale importanza, poiché in questo modo chi ha il gene può monitorare costantemente l’eventuale insorgere della malattia e trattarla precocemente.
Alla dimissione conobbi il Prof (un grande, perché ti mette subito a tuo agio!!!), che mi chiamò nel suo studio. Mi disse: “Purtroppo rischi uno scompenso cardiaco, quindi sono sempre più convinto di metterti il Remodulin”. Con occhi sbarrati, impauriti e increduli, gli chiesi cosa mi sarebbe successo se non lo avessi messo. Molto semplicemente mi rispose: “Se vuoi vivere per anni, devi metterlo; diversamente, se fra uno o due mesi vuoi morire, lascio a te la scelta”. Una velocissima occhiata d’intesa tra me, il mio compagno Franco e mia mamma, con me nello studio del Prof. Galiè, e poi… non ci pensai un solo attimo: ho due bimbi e voglio crescerli! Lui mi strinse forte la mano: “Brava, sei grande!” Sensazioni strane mi attraversarono la mente: contentezza, paura, incredulità, ansia, commozione. Ma ormai mi ero tolta il peso della decisione e ora posso davvero dire di essere contenta di aver seguito il consiglio del Prof. Galiè. Grazie Prof!
Il 7 giugno risalii a Bologna per impiantare il Remodulin. Dovevo imparare a maneggiarlo e restai ricoverata qualche giorno. Il controllo successivo fu il 25 luglio.
All’inizio il farmaco mi diede un po’ di fastidio e qualche effetto collaterale. Poi, poco alla volta, a casa mi rimboccai le maniche. E notai che il fiato era migliorato e che riuscivo a fare passeggiate anche in salita. Ma, al primo cambio di sito dell’ago, si presentò qualche problema e mi sentii molto giù di morale. Il problema durò circa sei giorni.
Passata la tempesta di quei primi sei giorni mi rialzai finalmente dal letto. Stavo benissimo e mi sentivo rinata. Da allora ho ripreso la vita normale di prima coi miei due bambini, che mi danno una grande forza! Per loro vale la pena lottare, lottare sempre e a qualunque costo. E poi ho Franco, che è il mio amore e la mia roccia, pronto a gioire con me nei momenti belli e a sostenermi in ogni modo quando gli effetti collaterali del Remodulin complicano le mie giornate. Due care amiche di questa grande famiglia, già passate attraverso l’esperienza del Remodulin, mi incoraggiano e mi consigliano ogni volta che le chiamo. Una è Teresa, ormai trapiantata, che sta benissimo; l’altra è Angela, che è stata tra i primi pazienti a sperimentare il farmaco in Italia. Grazie Teresa e grazie Angela!
Ringrazio il Prof. Galiè per la sua bravura e umanità e per avermi concesso di fare una foto con lui. Con lui mi sento al sicuro, protetta come da un padre; la sua serenità e la sua semplicità mi danno il coraggio necessario per combattere questa brutta bestia. Grazie a tutti, ai medici, agli infermieri, agli amici di “Più unici che rari”. Vi voglio un mondo di bene!
di Valeria Giacobbe