L’importanza di ascoltare il proprio corpo
Siamo nell’agosto del 2014: fino ad allora ho sempre avuto una vita normale, facendo molto sport, io infatti vivo per lo sport. Decisi di riprendere ad allenarmi a pugilato, ma cominciai da subito ad avvertire una gran fatica per qualsiasi tipo di sforzo fisico. Mi meravigliai un po’, ma continuai lo stesso, non facendoci molto caso, pensavo fosse un problema passeggero. Pensai anche a una causa legata a problemi di anemia di cui avevo sofferto circa dodici anni prima; ma la sensazione di malessere era diversa da allora. Mi accorsi che, col passare del tempo, non stavo meglio. Quindi dopo qualche settimana decisi di andare dal mio medico di base per una visita. Mi furono prescritti alcuni esami del sangue. Il medico non si sbilanciò su nulla e non mi disse niente. Mi consigliò però una visita specialistica, ma anche con questa non fu scoperto nulla di particolare.
Qualche mese dopo, nel novembre del 2014, ci fu una novità: cominciò a gonfiarsi il braccio destro. Mi preoccupai molto, inoltre non riuscivo a continuare la mia attività fisica e a un certo punto dovetti proprio sospendere. Andai al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Faenza dove, dopo i primi accertamenti, la diagnosi fu di embolia polmonare. L’unica cura che mi è stata prescritta è lo Xarelto; mi assicurarono che con questa terapia mi si sarebbero sciolti gli emboli, sarei tornato alla normalità e quindi non ci sarebbero stati più alcuna fatica, alcun gonfiore al braccio. Non è stato così, purtroppo. Dopo quattro mesi vidi un peggioramento e i sintomi si aggravarono. Consigliato da un aritmologo che lavora al S. Orsola-Malpighi, presi appuntamento per una visita al Centro d’Eccellenza di Ipertensione Polmonare del
S. Orsola-Malpighi stesso, diretto dal Prof. Galiè. Durante la visita videro che la situazione in quei pochi mesi trascorsi dalla prima diagnosi fatta dall’Ospedale di Faenza era peggiorata, nonostante il medicinale che assumevo.
Mi modificarono la terapia, dandomi il Revatio e un anticoagulante. I controlli dopo la prima visita sono stati molto ravvicinati. Dopo tre mesi videro che gli emboli non erano aumentati di numero, ma i valori dell’ipertensione polmonare continuavano invece ad aumentare drasticamente.
A questo punto mi si prospettarono diverse soluzioni:
1. Intervento chirurgico per asportare i trombi (la diagnosi era CPCTE, cuore polmonare cronico trombo embolico).
2. Un intervento innovativo di angioplastica polmonare che in Italia non era ancora stato fatto. Sarei stato infatti io il primo ad affrontarlo.
3. Il trapianto di polmoni.
Ragionai con i medici del Centro IP e optai per l’angioplastica polmonare, che mi sembrava la strada migliore, riservandomi il trapianto come ultima spiaggia. Nel giro di venti giorni fui sottoposto al primo intervento, che mi portò a un lieve miglioramento. Restai ricoverato per diversi giorni, poiché la situazione era complessa e volevano vederci chiaro. La pressione polmonare era rimasta sostanzialmente la stessa. Nei successivi tre mesi mi sottoposero ad altri due interventi chirurgici, che, questa volta, diedero risultati molto soddisfacenti, portando a una buona riduzione dei valori dell’ipertensione polmonare nel corso dei sei mesi successivi. Ribadisco che i tipi d’intervento cui sono stato sottoposto sono stati effettuati in Italia per la prima volta; a questi interventi hanno partecipato per due volte un professore polacco e la terza volta un giapponese, appunto chiamati dal S. Orsola-Malpighi e venuti appositamente per me per monitorare e dirigere gli interventi in prima persona.
Oggi la mia vita è sicuramente cambiata. Sono migliorato ma ho comunque dovuto cambiare abitazione e sceglierne una con solo sei gradini: i gradini sono la cosa più difficile in assoluto da affrontare ancora ora. Quando vado a casa di mia madre, mi devo fermare due volte per prendere fiato durante i circa sessanta gradini per arrivare al suo piano. Sono contento poiché posso permettermi di insegnare sport, che ho sempre studiato con grande passione. Le limitazioni alla mia vita una volta molto impegnata sono state tante e, a volte, raccontando la mia storia a qualcuno, mi sento rispondere “io non saprei come fare se succedesse a me”!
Beh, con la mentalità giusta e un po’ di ottimismo (e le persone giuste a fianco) si supera tutto e oggi sono contento di essere riuscito a realizzare il mio sogno di diventare professore di educazione fisica. Posso dire di avere tutto sommato una vita normale, cosa che non tutti riescono ad avere e che troppo spesso si pensa sia scontata.
Ora sono in terapia con Revatio e anticoagulante. Si sta programmando un altro intervento per migliorare ulteriormente la mia qualità di vita, considerando che ora i rischi per l’intervento sono molto inferiori rispetto ai primi interventi effettuati.
I consigli che mi sento di dare sono due, il primo è di ascoltare il proprio corpo: se sentite che qualcosa non va, non fermatevi al primo medico che vi dice che non avete niente; il secondo consiglio è quello di cercare qualcosa di buono in tutto quello che vi capita, anche se a volte sembra davvero difficile.
Desidero ringraziare moltissimo il Dott. Biffi, aritmologo, che mi ha indirizzato al centro giusto, il Prof. Galiè che è capo del Centro di Ipertensione Polmonare, la Dott.ssa Manes, il Dott. Palazzini per i vari cateterismi cardiaci, i chirurghi della Cardiochirurgia e tutto il personale infermieristico indistintamente per l’assistenza, l’attenzione e la competenza.
di un paziente