Non perdere mai la speranza!
La voglia di vivere mi ha dato la forza di lottare per dieci anni con una malattia sconosciuta. Grazie al Prof. Galiè, nel 2012 ho scoperto che il male che mi stava distruggendo era l’ipertensione polmonare (la forma nota come Cuore Polmonare Cronico Tromboebolico, CPCTE). Il tutto è iniziato a maggio del 2004. Un pizzico di tosse continua ha richiamato l’attenzione del mio medico, il Dott. Maurizio Vibi, che ringrazio molto, perché mi è stato a fianco e di grande sostegno in tutta questa vicenda. Subito mi ha fatto fare dei controlli, che hanno però avuto esito negativo. Ma giorno dopo giorno, alla tosse si aggiungevano altri malesseri: camminavo sempre meno, ero stanca e avevo il respiro affannoso. In poco tempo ho messo insieme una cartella di esami medici, tutti con esito negativo.
Nel 2008 il mio vivere quotidiano era diventato difficile: non riuscivo più a salire tre gradini per poter rientrare in casa, tanto che a novembre ho chiesto di essere ricoverata. Sono stata 15 giorni in Ospedale a Perugia. Il primo esame: TAC con contrasto. Arrivarono i medici dicendomi che la situazione era grave, avevo un’embolia polmonare massiva… dopo un consulto tra specialisti, mi chiesero se ero disponibile ad essere trasferita in un centro specializzato, ma nonostante avessi accettato, non mi mandarono. Durante la degenza non sono stata sottoposta a terapie particolari, solo eparina e, alle dimissioni, il Coumadin. Dopo qualche mese mi sentivo un po’ meglio, la pressione polmonare da altissima era scesa a 60 mmHg, mi sembrava di aver ripreso anche un po’di energie, o forse mi ero convinta di star meglio, proprio perché lo volevo con tutte le forze, ma in realtà non riuscivo più a lavorare perché facevo tanta fatica a respirare. Mi sembrava di avere una pietra sul petto che mi soffocava.
La situazione rimase stazionaria fino all’inizio del 2012, quando di nuovo sono crollata. Quindi nuovi controlli: la Tac evidenziava una scarsa ossigenazione, pressione polmonare aumentata e una marcata dilatazione delle arterie.
Con questi risultati il Professore che dal 2008 mi aveva voluto seguire, mi ha sbattuto la porta in faccia. Avevo tanta preoccupazione e poche forze, ma non mi sono arresa, sono andata a bussare a tutte le porte. Sembrava che a Perugia nessuno mi sapesse dire a chi potevo rivolgermi, oppure che altri esami avrei potuto fare per sapere qualcosa in più.
Ma un giorno il buon Dio mi ha fatto incontrare due medici giovani e alla loro generosità devo la vita: nel reparto di Pneumologia il Dott. Elvio Scoscia mi affidò al suo collega il Dott. Stefano Radicchia, il quale mi ha subito consigliato di consultare il Prof. Galiè all’Ospedale S. Orsola-Malpighi di Bologna, che ringrazio tantissimo. Lo contattai subito via internet e subito mi rispose proponendomi un breve ricovero per capire quale fosse la mia situazione. Sono stata ricoverata dal 10 al 14 dicembre 2012: tanti gli esami che non avevo mai fatto e sono stata dimessa con la diagnosi di ipertensione polmonare.
Il Prof. Galiè mi ha spiegato la malattia, mi disse che era arrivata a uno stadio abbastanza grave; mi propose un intervento chirurgico, unica speranza per sopravvivere, altrimenti avrei avuto uno o due anni di vita. Mi cascò il mondo addosso, ma poi ripresi fiducia e chiesi al professore di operarmi quanto prima.
Breve periodo di preparazione in terapia con bosentan/Tracleer, due controlli nel frattempo e il 25 marzo 2013, di nuovo un ricovero, in cardiologia, dal Prof. Galiè, per accertamenti e verifica di idoneità all’intervento. Subito dopo, dalla chirurgia è venuta a conoscermi la Dott.ssa Martin Suarez che mi ha operato insieme al Dott. Pacini. A loro un grazie particolare, insieme all’anestesista (di cui non conosco il nome) e a tutta l’équipe che ha lavorato in sala operatoria il 29 marzo.
Il mio risveglio è avvenuto in terapia intensiva il giorno di Pasqua, il 31 marzo.
Naturalmente la Dott.ssa prima dell’intervento mi aveva spiegato come si sarebbe svolto e tutti i rischi a cui sarei andata incontro; mi disse che era un intervento difficile e il rischio di non riuscita era molto elevato. Chiese di parlare con i miei familiari. Andai in crisi profonda, ho parlato con il Prof, mi ha incoraggiato e spiegato che non potevo scegliere, se fare o non fare l’intervento, perché la situazione era grave, a sua volta l’anestesista mi disse, che la riuscita, dipendeva gran parte da me, dalla mia voglia di vivere e così con l’incoraggiamento del Prof, dell’anestesista, di amici e familiari, ho accettato l’idea e di conseguenza ho riacquistato serenità, forza e voglia di combattere. Sono andata in sala operatoria tranquilla, con la certezza che ce l’avrei fatta e così è avvenuto.
I giorni di permanenza in terapia intensiva sono stati i più belli, ero pervasa da una grande gioia perché avevo superato un enorme ostacolo e mi sentivo bene, non avevo alcun dolore fisico. Durante tutto il decorso post-operatorio non ho mai sentito dolori. Il tutto sicuramente è stato alleviato dalla presenza del personale medico e paramedico che insieme alla professionalità, mi hanno dato tanta sicurezza, sono stati molto gentili, sempre presenti e attenti a ogni richiesta. Li vorrei ringraziare ad uno ad uno, ma sono tanti e non conosco i nomi. Grazie a tutti.
Dopo alcuni giorni di terapia intensiva, mi hanno riportata in Cardiologia, dal Prof. Galiè che, nel frattempo, era venuto a trovarmi e mi aveva detto che l’IP non c’era più.
Al reparto, medici e paramedici meravigliosi, che voglio ringraziare di cuore, mi hanno aiutato subito a rimettermi in piedi tanto che il 15 aprile sono potuta ritornare a casa. Nessuno può immaginare che cosa si prova quando si passa dalla morte alla vita.
Ringrazio molto e provo una immensa gratitudine nei confronti di tutti coloro che, in qualche modo, hanno partecipato a questa mia rinascita!