Sapevo di essere in ottime mani
Oggi, il 23 gennaio 2015, è il mio secondo compleanno, già sono passati quattro anni, quattro fantastici anni da quel giorno che mi ha cambiato la vita. Ricordo ancora ogni istante e tutte le emozioni che ho provato: dalla paura alla gioia, dal terrore all’euforia e ricordo anche tutto l’affetto sincero di amici e parenti che mi hanno sorretto e hanno pregato per me. Aspettavo la fatidica chiamata da un anno e mezzo e poi è arrivata quando meno ci pensavo, quando stavo andando a un controllo a Bologna.
Ricordo che passavo verso Rimini quando mi chiamò il Dott. Enri Leci, dicendomi che c’era un organo per me! Al telefono sembravo tranquilla, ma appena chiusa la comunicazione è arrivato il panico. Ho iniziato a sudare, a piangere e poi a urlare per tranquillizzare mia madre. Poi, come la quiete dopo la tempesta, ho ripreso le redini in mano e sono riuscita anche ad organizzare il trasferimento delle valigie, perchè erano sì pronte, ma erano rimaste a casa. Avevo due ore di tempo e sono riuscita ad andare in ospedale per le ultime dritte, salutare dottori e infermieri e poi andare in aeroporto. Arrivata a Vienna stranamente sono riuscita a restare lucida e tranquilla, non so per quale strano mistero, ma sapevo che ero in ottime mani e che tutto sarebbe andato bene… forse perchè sono ottimista, forse per tutte le preghiere di quanti mi stavano vicino… comunque è andato tutto benissimo, molto meglio di quanto pensassi e così dopo 15 giorni già ero fuori dall’ospedale.
Stavo da favola in quella nuova vita che stavo iniziando ad assaporare, prima avevo affanno al minimo sforzo, anche nell’abbassarmi per allacciare una scarpa, dopo invece avevo fiato ed energia da vendere tant’è che mia madre non riusciva a starmi dietro nelle lunghe passeggiate giornaliere. Non vedevo l’ora di tornare a correre e anche questo sogno si è avverato. Ogni volta che guardo i segni sul mio corpo di quel giorno vorrei urlare di gioia, abbracciare e ringraziare tutti quelli che mi sono stati vicini, i miei amici, i miei parenti, i miei genitori, tutti i dottori a cui a volte magari ho fatto finire la pazienza, gli infermieri, la mitica Erna e infine, ma forse in primis LEI.
Auguro di vero cuore a tutti quelli che lottano ogni giorno con questa malattia di vincerla e di tornare prima possibile a respirare a pieni polmoni. Respirare come lottare è un bisogno primario e mai niente e nessuno dovrebbe togliercelo.