Se non avessi insistito ad andare dal medico…
Siamo nel 1997. Prima di allora sono sempre stata benino, facevo le mie cose in casa senza tanti aiuti fino a che non è comparso questo affanno, dapprima leggero, poi più fastidioso. Insieme all’affanno ricordo che svenivo e non riuscivo a controllare lo stimolo dell’urina. Andai dal mio medico di base, che dopo qualche visita sempre per questo motivo mi indirizzò al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Imola (Bologna), la città dove vivevo. Qui mi ricoverarono e mi fecero diversi esami. Mi prescrissero delle pastiglie da prendere ed entrai in coma. Situazione di coma strana durante la quale ho avuto delle visioni. Vedevo un tunnel, delle luci accese, dei bambini giocare su un prato verde, mia zia che mi diceva: “Devi andare via di qua”. Mio marito che mi chiedeva: “Cosa fai qua?” Finalmente dopo 40 giorni uscii dal coma, ma non riconoscevo più i miei familiari. A mio marito chiedevo chi fosse e gli dicevo di andarsene via. Quindi venni visitata da un bravo cardiologo, il Prof. Bugiardini di Imola, che capì che si trattava di ipertensione polmonare e mi indirizzò all’ospedale Policlinico Umberto I di Roma, per farmi seguire dal Dott. Vizza. A Roma il Dott. Vizza dopo una prima visita, mi diede appuntamento dopo due mesi per effettuare il cateterismo cardiaco. Quindi venni ricoverata per due giorni. Per il cateterismo sono entrati dall’inguine. Mi confermarono la diagnosi di ipertensione polmonare e venni dimessa con le cure del caso. In verità la cura mi faceva stare meglio. Però cominciai a preoccuparmi e ad avere paura di non vedere più i miei nipotini. Fortunatamente l’affanno sparì, ma mi restarono un senso di pesantezza e stanchezza generale con giramenti di testa. In casa ripresi a fare quasi tutto, compreso urlare ai miei nipotini quando mi facevano arrabbiare!
A un certo punto il Dott. Vizza mi consigliò di andare a Bologna, essendo il Centro più vicino a casa mia. Lui stesso telefonò e prese appuntamento per una visita per me. Qui venni ricoverata per una settimana, mi rifecero esattamente gli stessi esami aggiungendone di nuovi. Il cateterismo lo fecero entrando dal collo anziché dall’inguine, e questo è molto meglio. È molto più sopportabile, non dovendo stare immobile 48 ore e soprattutto si entra e si esce coi propri piedi. La diagnosi di IP venne confermata e la terapia pure. Dopo un po’ di tempo però ricomparirono i sintomi. I medici mi modificarono e riaggiustarono la terapia. E così hanno fatto ogni volta che vedevano qualche leggero peggioramento.
Ora sto meglio. Sono stabile, tranquilla e serena. Rifaccio di tutto in casa, anche se un po’ più lentamente di prima. Ho conosciuto il Prof. Galiè e non posso che ringraziarlo, lui e tutta la sua équipe.
Se non avessi insistito ad andare dal mio medico di base quando non respiravo, ora non sarei in cura per l’IP e la situazione sarebbe sicuramente peggiorata, dato che so che la malattia va combattuta al più presto. Mai arrendersi ai primi sintomi, quando non si sta bene, vuol dire che c’è qualcosa che non va. Per tutto c’è una causa e io sono stata molto fortunata prima col Prof. Bugiardini, poi col Dott. Vizza e infine col Prof. Galiè qua a Bologna. Grazie a tutti per quello che hanno fatto per me.