Sentirsi in mani esperte è una terapia essenziale!
Raccontare la mia storia in poche righe è già una bella sfida.
Sono Valentina, una donna di 32 anni, mamma da un anno e mezzo di un bellissimo bambino, la forza più grande che la vita potesse donarmi per affrontare le paure e le ansie depressive che insidiano le mie giornate da ormai un anno e mezzo, da quando l’ipertensione polmonare è diventata parte della mia vita.
Subito dopo il parto, per me è davvero scoppiata una bomba, ben più profonda delle classiche depressioni post partum. Eppure sono riuscita a trovare in me stessa una forza, una voglia di vivere, che ha spiazzato anche me.
Tra il 2010 e il 2014 ebbi due o tre episodi di svenimento casuali, sotto il minimo impiego di sforzo, a cui nessun dottore, nonostante gli infiniti esami, sia a livello cardiologico che neurologico, ha mai saputo dare una spiegazione. Risultato: ero in piena salute.
Nel 2015 la meravigliosa notizia, ero incinta. La gravidanza trascorse serenamente, anche gli esami cardiologici come holter ed elettrocardiogramma del nono mese, tutto nella norma. Il 10 settembre del 2015, a casa, mi si ruppero le acque, che erano tra l’altro tinte.
In ospedale mi fu indotto il parto dopo le 24 ore per finalmente ravvicinare le contrazioni. Il metodo di induzione utilizzato mi provocò subito una contrazione, ovviamente dolorosissima, che finì solo quando mio marito riuscì a richiamare il personale medico, che sospese immediatamente il medicinale. Durante questa contrazione anomala, i battiti di mio figlio, che
erano monitorati, dimezzarono e io divenni tachicardica. Da qui, l’urgenza di far nascere velocemente mio figlio, dato il tracciato anomalo e le acque tinte. Non mi fecero l’anestesia epidurale, perché avrebbe allungato i tempi e il mio bambino stava soffrendo, ma nonostante le continue richieste sia mie che di mio marito per un “veloce e pratico” cesareo, in quanto preoccupata e stremata, il cesareo non venne fatto. Il mio bimbo uscì infine con taglio e ventosa, fortunatamente pianse subito, ma venne portato immediatamente via, lo rividi dopo più di mezz’ora quando finirono anche di ricucirmi.
Ero stanchissima, ma essendo il mio primo parto motivai il mio malessere con l’esperienza appena vissuta e cercai di dedicarmi a mio figlio.
Ancora prima di uscire dal reparto maternità notai il gonfiore anomalo: i vestiti della gravidanza e le scarpe da ginnastica che iniziavano a starmi stretti. Tornai al pronto soccorso ginecologico dopo due giorni, ero spaventosamente gonfia, ma mi rimandarono a casa dicendomi che i fenomeni di elefantismo erano altri… Dopo altri due giorni, in lacrime, insistetti con mio marito per farmi riaccompagnare, questa volta al pronto soccorso generale. Il mio malessere era peggiorato fortemente, iniziavo a far fatica a camminare in posizione eretta, perché mi mancava l’aria e moralmente ero depressa perché non avevo le forze per dedicarmi come avrei desiderato al mio piccolo. Al pronto soccorso un dottore mi fece entrare in codice rosso, sospettando un’embolia polmonare in corso. Mi ricoverarono in terapia intensiva, in unità coronarica, dicendo chiaramente a mio marito che era in dubbio che io superassi la notte. L’embolo non fu mai trovato, ma mi venne fatta la diagnosi di ipertensione polmonare, inizialmente secondaria e poi modificata idiopatica. Mi documentai. Fu terribile!
Mi ritrovai devastata, ancor più a livello psicologico che fisico. Ero una mamma, ma non avevo potuto godere niente di mio figlio, mi sembrava surreale.
Dopo quasi un anno e mezzo di terapia con Opsumit e Revatio, venni a conoscenza, grazie a un bel gruppo di persone che come me convive con questa malattia, del centro d’eccellenza del S. Orsola-Malpighi di Bologna, dove anch’io finalmente avrei potuto sottopormi al test acuto di vaso-reattività, che fino ad allora mi era stato negato. Non esitai e chiamai immediatamente il centro per fare rivalutare nuovamente il mio caso. Scelta importantissima e fondamentale che mi ha permesso di riacquistare un po’ più di serenità e sicurezza, perchè sentirsi in mani esperte è una terapia essenziale!
Ricordo che fino al secondo cateterismo cardiaco il Dott. Palazzini non mi diede conferma di essere una “responder”. Il motivo sta nel fatto che volle prima accertarsi che tutti gli effetti negativi accumulati a seguito di una terapia non appropriata al mio caso fossero stati cancellati. Ecco dunque che occorreva un secondo cateterismo cardiaco a distanza di un po’ di tempo per verificare tutto ciò. Il secondo cateterismo cardiaco confermò ampiamente quanto ipotizzato nel primo: che io ero responder e il Dott. Palazzini l’ha certificato nel referto!
Dopo questa grande notizia, durante la visita di giugno, i medici mi dissero che avrebbero quindi testato il dosaggio del farmaco (Adalat) appropriato al mio caso. Percorsi più metri nel test dei 6 minuti e questo mi rese ancora più felice.
Ora sono risollevata e fiduciosa. A Bologna ho trovato sostegno e conforto. Mi sento meglio da un punto di vista emotivo e psicologico e ho potuto verificare l’alta professionalità e competenza dell’équipe del Prof. Galiè. So che al S. Orsola-Malpighi è in cura una parte significativa dei pazienti in Italia e questo è molto tranquillizzante.
Ora ho ancora difficoltà con i miei pensieri notturni, lotto con me stessa e la mia visione della vita è cambiata; sono sempre stata una persona positiva, ma ora questa positività è un po’ soffocata. È il lavoro più grande a cui mi sto dedicando, per me stessa e per chi mi sta accanto; per il resto non sono mai stata una grande sportiva e non ho grossissime limitazioni, ho più cura di me stessa, ascolto di più il mio corpo, o almeno ci provo. Cerco di godermi al massimo il meglio della vita, le cose semplici, essenziali e soprattutto mio figlio, mio marito e la mia famiglia che ho la grande fortuna di avere.
Non mi è mai piaciuto piangermi addosso: ogni giorno è un dono e non va sprecato, nonostante i momenti bui abbiamo sempre dentro di noi un motivo e una forza per reagire.
di Valentina Borreano