Il viaggio della speranza
Mi chiamo Giovanni, tra poche settimane compirò 49 anni e scrivo dalla provincia di Foggia. Ho tre figli, un maschietto e due femmine e la mia storia inizia nel 2010 con una semplice sensazione di affanno e con la difficoltà nel salire le scale. Devo confessare che già da tempo accusavo alcuni sintomi, iniziavo a stare male, ma i medici mi dicevano che dovevo mettermi a dieta, essendo in sovrappeso.
Una giornata d’estate ero in piscina con la mia famiglia e a un certo punto mi è mancata l’aria e la sensazione era di non riuscire più a respirare. È stato chiamato il 118 e il medico che è arrivato in ambulanza, dopo avermi visitato, ha cercato di tranquillizzarmi dicendomi che era un problema di ansia.
I giorni passavano e la normale routine quotidiana diventava sempre più pesante, io ero molto gonfio dalle caviglie all’inguine. Fin quando un giorno, dopo aver salito le scale, arrivato in casa, sono svenuto. Ho pensato che fosse la fine, non capivo cosa mi stesse succedendo e parlando con un amico mi ha raccomandato un gastroenterologo di sua conoscenza, il quale mi ha indirizzato in una clinica di Pescara.
Qui i medici mi hanno detto che mi avrebbero portato a Bologna dal Prof. Galiè. Durante la degenza a Bologna sono stato sottoposto a tanti esami e alla fine mi viene diagnostica l’ipertensione polmonare. Alle dimissioni dalla struttura sto finalmente bene e la mia terapia è costituita dal Tracleer. Per due anni tutto procede per il meglio, poi a una visita di controllo, in seguito a un peggioramento dei risultati clinici, mi aggiungono il Revatio. Quindi di nuovo la mia vita è “normale” faccio tutto e lavoro.
A un certo punto di nuovo inizia un peggioramento e nel settembre del 2014, a seguito di un cateterismo cardiaco, mi dicono che la mia ipertensione polmonare è peggiorata. Sono molto preoccupato e non so a cosa sto andando incontro, sto male, ho l’ossigeno e non esco più di casa.
Da allora ho girato diversi ospedali vicino a casa, dato che la situazione non migliorava, ma tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 vengo di nuovo ricoverato al S. Orsola-Malpighi di Bologna, in Gastroenterologia, per alcuni controlli, dato che sono in lista per trapianto di fegato.
Viene chiesto un consulto specialistico al Prof. Galiè, il quale dopo avermi visitato, mi propone di aggiungere il Caripul, un prostanoide per infuzione continua, mi comunica però che sarebbe stata necessaria la presenza di un familiare per l’addestramento e io, pur non volendo dover far preparare questa terapia a mia moglie ogni due giorni, di comune accordo con lei accetto il nuovo farmaco, dato che la situazione si stava aggravando sempre più.
Vengo dimesso dalla gastroenterologia e la Dott.ssa Manes della Cardiologia mi telefona per fissare la data del ricovero per iniziare il Caripul. Partiamo il 15 febbraio 2015 senza ossigeno. Un viaggio che sembrava non finire mai. Mia moglie lo chiama “il viaggio della speranza”. Non potevo fare un passo che mi dovevo subito fermare senza fiato.
Adesso, mentre scrivo (29 aprile 2015) sono ancora qui, ricoverato da quel 15 febbraio a lottare con l’aiuto di tutti, con l’assistenza del Prof. Galiè, della Dott.ssa Corsini, con gli infermieri, le fisioterapiste, le OSS. Tutti mi supportano e mi coccolano. Vorrei dire a chi mi legge di non lasciare mai la speranza di superare gli ostacoli, il buon umore è la prima medicina, bisogna avere fede e fiducia nei medici che fanno il possibile per noi. Ce la faremo tutti insieme! Spero che questa estate potrò andare al mare con la mia famiglia.
Ringrazio tantissimo il Prof. Galiè per prendersi cura di me e la Dott.ssa Corsini per aver avuto pazienza con me nei momenti peggiori della mia malattia. Ringrazio tutto lo staff della Cardiologia, dalla caposala agli infermieri, alle fisioterapiste, ringrazio proprio tutti!
di Giovanni Meola